Di Lazzaro Gianfranco
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Gianfranco Di Lazzaro nasce a Livorno nel 1954.
L’artista si avvicina al mondo dell’arte molto presto, da autodidatta.
Già dal primo periodo di produzione artistica, si presenta in modo evidente quella cifra stilistica che renderà i suoi lavori inconfondibili: la polimatericità, sia nelle sperimentazioni di materiali che nella ricerca cromatica.
Le prime opere sono degli anni ’70, comprendono alcune esperienze grafiche, ma la ricerca si fa subito evidente nei primi assemblaggi fatti con materiali di recupero, tele e tavole composte da texuteres di elementi materici ricavati da ambienti decisamente non appartenenti al modo dell’arte, quali segatura, trucioli, yuta e addirittura vernici di risulta provenienti da auto carrozzerie (nitro).
Di Lazzaro decontestualizza la materia, la strappa al suo ambiente naturale per renderla protagonista della sua creazione. La ricerca cromatica si sviluppa in parallelo a quella dei materiali, dai primi lavori quasi monocromatici si giunge a soluzioni più complesse, in cui utilizza vernici industriali, tempere etc
La sua ricerca attualmente si è diretta anche alla creazione di strumenti nuovi con i quali operare, studiati per ottenere effetti formali e coloristici che alludono alla realtà, integrati ai materiali caratteristici dei suoi lavori.
Colore e materia trovano un nuovo significato: la vernice viene spruzzata sulla tela con una pistola ad aria compressa su mascherine che riproducono oggetti reali.
La forma viene creata attraverso i contorni sfumati, in contrasto con l’omogeneità della stesura che si ha sullo sfondo. L’effetto che ne consegue è di irrealtà, quasi che gli oggetti di uso comune fossero delle copie della realtà in una dimensione onirica.
La composizione non è mai casuale: gli oggetti formano un alfabeto con il quale Di Lazzaro racconta l’intimità di certi avvenimenti, talvolta autobiografici.
Uno sguardo verso l’interiorità espresso spesso per mezzo di simboli riconoscibili della sua amata città, i Mori e le catene, usati come pretesto per raccontare le relazioni umane, opinioni, l’individuo e la metropoli, o più semplicemente momenti di intimità, legati ai versi che accompagnano i suoi lavori, omaggi inconsapevoli ai maestri surrealisti.
“Ci sono momenti nella vita nei quali tuo malgrado devi dire PUNTO E A CAPO”